Laureato in Giurisprudenza, ho un Master in Innovazione e cambiamento organizzativo nel settore della pubblica amministrazione e ho conseguito un PhD in Filosofia e Scienze della formazione. Da oltre vent’anni lavora come consulente in vari progetti a livello internazionale, europeo, nazionale, regionale e locale. Ha trascorso diversi anni come parte di team accademici e professionali europei e nazionali, ricoprendo i ruoli di project manager, ricercatore, progettista e agente di cambiamento. Ha acquisito forti competenze manageriali attraverso la gestione in qualità di direttore di importanti enti di formazione professionale e collaborazioni con società di consulenza ed enti pubblici nazionali, come Italia Lavoro Spa (oggi LavorItalia Spa), regionali (principali enti di formazione della Regione FVG, come IAL, ENAIP, CFF, IRES) oltre che con istituzioni europee. Svolge regolarmente attività di docenza e di facilitazione di workshop sui seguenti argomenti: Creatività; Design Thinking; Gestione del Cambiamento e Sviluppo delle Risorse Umane; Progettazione e Gestione della Formazione Professionale.
Quali sono i principali fondi disponibili per le imprese interessate a investire nella formazione dei propri dipendenti, e come si differenziano in termini di requisiti, ambiti di intervento e modalità di accesso?
In Italia, esistono diversi fondi e programmi a disposizione delle imprese interessate a investire nella formazione dei propri dipendenti. Tuttavia, è importante sottolineare, che bisogna prima fare un’attenta valutazione sugli obiettivi aziendali in modo da procedere alla scelta della modalità migliore, che non sempre è quella finanziata.
In ogni caso, le principali soluzioni per la formazione continua sono:
- Fondi Interprofessionali, che sono organismi promossi dalle organizzazioni sindacali e imprenditoriali attraverso i quali le aziende possono destinare una quota dello 0,30% dei contributi versati all’INPS alla formazione dei propri dipendenti. Per fare l’esempio del più grande, possiamo citare Fondimpresa. In questo caso, le aziende possono presentare piani formativi aziendali, settoriali o territoriali. Possono partecipare a bandi o utilizzare il proprio “conto formazione” in modo diretto e autonomo.
- Programma Europeo FSE (Fondo Sociale Europeo), che cofinanzia programmi regionali per la formazione e l’occupazione. In questo caso, si accede o in modo diretto o attraverso un ente di formazione accreditato. Anche in questo caso, le forme possono essere diverse, dipende dalla programmazione regionale;
- Piano nuovo competenze legato al PNRR e finalizzato alla formazione e all’occupazione dei lavoratori, che permette alle aziende di rimodulare l’orario di lavoro per favorire attività di formazione dei dipendenti sulla base di specifici accordi collettivi con le organizzazioni sindacali.
Le possibilità sono molteplici, ma bisogna partire da una analisi delle esigenze e dei vincoli aziendali in modo da scegliere lo strumento giusto o un mix di più strumenti sulla base di un piano strategico di sviluppo delle risorse umane pluriennale.
Come si utilizza efficacemente il bilancio di competenze per valutare le esigenze di formazione dei dipendenti e sviluppare programmi di formazione mirati che soddisfino le esigenze aziendali e individuali?
Il bilancio di competenze è un processo che consente ai dipendenti di fare un’analisi approfondita delle loro competenze, attitudini, esperienze e aspirazioni professionali. Questo strumento aiuta a identificare i punti di forza e le aree di miglioramento, facilitando lo sviluppo di piani di formazione personalizzati.
Si tratta di uno strumento molto utile anche per le Imprese che possono in questo modo valutare le competenze dei propri dipendenti e pianificare un percorso, sia individuale che di gruppo, di sviluppo professionale in funzione delle strategie aziendali.
Senza uno strumento di questo tipo sarebbe difficile per una impresa garantire una corretta gestione e valorizzazione del proprio capitale umano, rilevare i fabbisogni di competenze per sostenere i propri processi di innovazione continua, pianificare azioni di ricerca di nuove competenze e/o adottare ad esempio politiche di retention dei propri collaboratori “strategici”.
Il bilancio di competenze, fatto anche in molteplici forme diverse, costituisce in ogni caso un elemento strutturale di una tipica skill-organization.
Quali sono i vantaggi di adottare i sistemi di rilevazione europea delle competenze nell’ambito della formazione aziendale, e come possono contribuire a migliorare la qualità e la rilevanza dei programmi formativi offerti alle imprese?
Non è obbligatorio per una impresa adottare i framework di competenze sviluppati a livello europeo (ad esempio: ESCO, EntreComp, DigComp, ecc.), nazionale (Atlante del lavoro e delle qualificazioni) o regionale. In alcuni caso, per dire il vero, è obbligatorio fare riferimento a questi sistema di classificazione delle competenze nel momento in cui si accede ad un finanziamento pubblico che lo richiede, ma in generale una impresa potrebbe avere i propri repertori di competenze interne costruiti ad hoc in base alla propria specifica di settore e alla proprie caratteristiche aziendali.
Tuttavia, ritengo che adottare tali framework sia comunque importante, al di là dell’obbligatorietà o meno di farlo, perché offrono un ottimo quadro metodologico sia in fase di analisi delle competenze, sia in fase di progettazione e successivamente in fase di valutazione degli apprendimenti e del progresso professionale delle persone che sono state formate, quindi di impatto sul miglioramento organizzativo.
Poter contare su un buon impianto metodologico contente all’impresa di concentrarsi maggiormente sugli aspetti strategici di sviluppo delle competenze rispetto agli aspetti più tecnici inerenti alla progettazione e valutazione formativa.
Quali sono le best practice nell’elaborazione di progetti formativi finanziati dai vari fondi europei, e quali sono gli elementi chiave da considerare per massimizzare l’efficacia e l’efficienza di tali progetti?
Ci sono molteplici buone pratiche, e secondo me gli ingredienti principali per una buona strategia di sviluppo delle risorse umane sono:
- approccio sistemico e strategico. Prima di scegliere un intervento formativo, declinare in modo chiaro quali sono gli impatti sul miglioramento organizzativo. L’impresa deve collegare le competenze necessarie alla propria strategia di business e valutare il modo migliore per ottenere questo valore intangibile, che non necessariamente passa attraverso la formazione;
- valutare gli strumenti disponibili in base alle proprie esigenze e ai propri vincoli (tempo, spazio, ecc.). Trovare il mix giusto di strumenti in base ad un piano complessivo e pluriennale di sviluppo delle competenze;
- considerare la formazione come una leva permanente per lo sviluppo delle competenze, favorendo forme di apprendimento informale all’interno della propria azienda. In sintesi, occorre introdurre nella propria organizzazione modalità di lavoro, spazi di confronto, approcci per progetti di ricerca e sviluppo, ecc. che favoriscono un apprendimento continuo ed aperto alle innovazioni del contesto e del mercato di riferimento (open innovation).
- Come si valuta l’impatto dei programmi di formazione finanziati da fondi europei sulle prestazioni aziendali e sulle competenze dei dipendenti, e quali sono gli strumenti e le metodologie utilizzati per misurare e monitorare i risultati ottenuti?
Gli impatti della formazione, in qualsiasi forma, sull’organizzazione si valutano con un modello di valutazione basato su obiettivi specifici, fenomeni da osservare e precisi KPI di misurazione. Sarebbe un po complesso spiegarlo in poche parole, ma ciò che conta ribadire è che le metodologie sono quelle tipiche dei modelli di Monitoraggio & Valutazione.
Come anticipato, tutto ciò è possibile solo se si è adottato un buon approccio metodologico nella definizione delle competenze e degli outcome obiettivo. Per questo motivo, i framework delle competenze citati sopra sono importanti, perché offrono quelle dimensioni di processo da osservare e valutare a fine formazione e aiutano a svolgere una valutazione in termini di impatti sull’organizzazione e sul business dell’impresa.
Ci sono poi diversi strumenti che aiutano ad osservare e valutare l’impatto a medio e lungo termine, ma ciò che è importante dire qui è che non esiste una vera valutazione di impatto degli esiti della formazione se questa non è stata progettata a monte per rispondere a delle specifiche esigenze di miglioramento organizzativo.
Possiamo concludere dicendo una cosa ovvia ma spesso dimenticata: la formazione è solo una leva del cambiamento, nenache l’unica. La formazione è il mezzo non il fine e soprattutto la formazione può essere inutile, anche se fatta benissimo, se non è funzionale ad un obiettivi di sviluppo organizzativo predeterminato.